QUELLA BICICLETTA MARCATA LEO



 



QUELLA BICICLETTA MARCATA LEO

| di Elisabetta Nencini |





E’
 il 1955, quando la Chlorodont, nota azienda produttrice di prodotti per la cosmesi in Italia, decide di entrare nel mondo professionistico delle due ruote, costituendo l’omonima squadra.
L’economia del paese, dopo il conflitto mondiale, sta rinascendo. Improvvisamente l’industria italiana diventa sponsor del ciclismo, segnando l’inizio di connubi extrasettore con l’impresa ciclistica: Nivea–Fuchs, Bartali-Brooklyn, Leo Chlorodont sono le aziende che aprono il varco a quello che a breve diventerà un carosello di marche propagandistiche bene evidenziate lungo le strade dal vivace corteo della carovana pubblicitaria e sulle maglie dei corridori.
Il fenomeno non è casuale: nel 1952 si registra l’avvento ufficiale della televisione come spettacolo; imprese epiche, fino ad allora molto raccontate e poco viste, entrano nei salotti della penisola e conquistano un nuovo pubblico. L’effetto mediatico è istantaneo: milioni di persone passano pomeriggi interi a guardare il nuovo schermo, per seguire in diretta lo sport più popolare del momento. E’ l’inizio della simbiosi perfetta tra sport professionistico e pubblicità.
Da un lato, infatti, la comunicazione commerciale trova nel mondo del ciclismo strumenti assai potenti di persuasione (si pensi ai tanti campioni di volta in volta chiamati a declamare l’efficacia di un prodotto), dall’altro il ciclismo cresce, si sviluppa e si diffonde, in ragione degli investimenti delle cosiddette sponsorizzazioni. Nel mondo delle due ruote entrano così pasta, bevande, macchine da caffè, dentifrici e prodotti per la rasatura, carne in scatola, liquori ed elettrodomestici, spesso associando il loro nome al campione del momento o alla squadra protagonista delle grandi corse a tappe. Così, in virtù del principio di autorità, Gino Bartali pubblicizza una marca di lamette da barba, Gastone Nencini, con il suo bel sorriso, i prodotti della Chlorodont, il cui nome viene preso dalla stessa squadra nella quale milita, in qualità di capitano, dal 1955 al 1958. 
Durante i  tre anni contrattuali, con la nota marca di dentifrici, Nencini pedala in sella ad una bicicletta “bianca”. Nel 1957, con il telaio costruito e personalizzato da Ernesto Colnago in base alle caratteristiche fisiche e tecniche, vincerà  la quarantesima edizione del Giro d’Italia per un percorso totale di 3926,7 Km alla media record, rimasta imbattuta per ventisei anni, di 37,488 km/h.
E’ la prima volta nella storia della bicicletta che si costruisce un telaio su misura, lo stesso Nencini prima di allora aveva corso sempre con una bicicletta standard, come ricorda Ernesto Colnago: <<Io, valutata la potenza di pedalata, e soprattutto le sue eccezionali doti di discesista, decisi di realizzare un telaio fatto su misura per lui, con geometrie particolari, che potessero migliorare la sua stabilità in discesa, e soprattutto potesse sopportare le dure sollecitazioni che Gastone sapeva imprimere alla bicicletta>>*
E' l’epoca del ciclismo “leggendario”, ai grandi nomi dei campioni si legano i nomi di coloro i quali hanno saputo, con la propria competenza e genialità intuitiva, apportare modifiche significative alla bicicletta da corsa. Si alleggeriscono i telai, riducendo lo spessore dei tubi, e si inizia a sperimentare l’alluminio in sostituzione dell’acciaio. Purtroppo, sia le strade di allora, poco asfaltate e dissestate, sia la potenza fisica di alcuni campioni - Gastone Nencini, ad esempio, nell’arco della sua carriera sportiva, piega ben cinque telai in salita, tanto era l’energia sprigionata dal suo fisico nello scatto! - non sempre hanno garantito la buona riuscita delle variazioni meccaniche e strutturali del telaio, che, sottoposto a sollecitazioni estreme, si è incrinato con il rischio concreto di rompersi e di far capitombolare il corridore. Per ovviare a questo problema, alcuni  meccanici, hanno inserito all’interno della forca un manico di scopa, sistema non molto ortodosso, ma sicuramente efficace, poiché ha garantito al corridore di arrivare al traguardo senza incorrere in pericolose cadute.
Osservando una delle biciclette marcata Leo Chlorodont, appartenuta a Gastone Nencini, si può notare come anche la componentistica, in quegli anni, ha subito modifiche e innovazioni rilevanti grazie, soprattutto, all'imprenditore vicentino Tulio Campagnolo. Le leve del cambio di velocità, che poco tempo prima erano posizionate sul tubo obliquo, trovano collocazione alle estremità del manubrio. Progenitore degli attuali cambi integrati con le leve dei freni, permetteva al corridore di non togliere le mani dallo sterzo. 
Particolarmente usate dai velocisti e dai pistard, le leve al manubrio, vengono, comunque, testate dalla maggior parte dei corridori professionisti sempre molto attenti alle innovazioni in grado di migliorare al meglio le proprie potenzialità. Naturalmente, per chi, come Gastone Nencini, correva di potenza e soprattutto aveva una padronanza straordinaria del mezzo meccanico dettata dall’esperienza, quel tipo di accessorio, non era così rilevante ai fini del risultato finale della corsa.
È interessante osservare, come la bicicletta del campione toscano, accessoriata della migliore componentistica meccanica dell’epoca, con la quale  correva i grandi “Giri”, mantenesse, ad entrambe le ruote, il parafango come una qualsiasi bicicletta da passeggio. In realtà, era un accessorio integrante di cui tutte le biciclette da corsa erano dotate. Applicato dal meccanico o dal corridore stesso, durante gli allenamenti nel periodo della preparazione invernale, serviva ad evitare gli schizzi fastidiosi del fango che faticosamente si pulivano dalla scomoda, se pur affascinante, divisa sportiva.
Col maglione, i guanti di lana, i pantaloni alla zuava in principe di galles e  calzettoni in coordinato,  i fiorentini, durante la brutta stagione, vedevano sfilare per le strade di Firenze la figura elegante di Gastone Nencini in sella al suo destriero bianco, con la viva speranza di poterlo vedere un giorno sfrecciare con la maglia gialla, il colore della corsa più importante al mondo, il Tour de France… ma questa è un’altra storia. 
 
 
 
Elisabetta Nencini
Firenze, 1 novembre 2013


 





Scheda tecnica della bicicletta da corsa marcata Leo -  Clorodont appartenuta a Gastone Nencini 





Successi ottenuti da Gastone Nencini dal 1955 al 1958 nel Gruppo Sportivo Leo – Chlorodont





1955
                23/05   9ª   Tappa Giro d’Italia Perugia > Roma
               26/05   12ª Tappa Giro d’Italia Napoli >Scanno
                Migliore scalatore nella classifica finale del 38° Giro d’Italia
                Cronosquadre circuito di Locarno (Svizzera)
              

1956
            28/07   22ª  Tappa Tour de France Montlucon >Paris
                05/08          Tre Valli Varesine

1957
            24/03          Giro di Reggio Calabria
                09/06          40° GIRO D’ITALIA
                07/07   10ª  Tappa tour de france Thonon > Briancon
                17/07   18ª  Tappa Toue de france Saint Gaudens >Pau
                Migliore sacalatore nella classifica finale del 44° Tour de France

1958
                28/05     10ª   Tappa Giro d’Italia  Viterbo > Roma
                06/06   18ª   Tappa Giro d’Italia Bolzano >Trento
                15/06           Circuito di Omegna
                14/07   19ª   Tappa Tour de France Carpentras >Gap
                16/08           Tour di Lokeren (Belgio)





Ringrazio per la consulenza tecnica Saul Nencini, mio fratello, e con lui, Alfredo Martini, Paolo Fani e Andrea Martini.
Un ringraziamento particolare ad Ernesto Colnago per avermi raccontato bellissimi aneddoti sulla forza smisurata e il talento da discesista di Gastone Nencini, mio padre.



*  Pier Augusto Stagi, COLNAGO la bicicletta, Prima Pagina Edizioni, Milano 2013
 
 
 
 
 
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