GASTONE NENCINI HA VINTO UN GRANDE GIRO D'ITALIA
Capolavoro di regolarità e di pazienza
| Carlin |
Milano 9 Maggio 1957
Gastone Nencini ha compiuto
il prodigio di vincere davanti a due grandi campioni forestieri in un Giro
d’Italia fatto per i forestieri. Si sarebbe gridato allo scandalo se, quando
disponevamo di un Bartali o d‘un Coppi, fosse stato ideato un Giro d’Italia con
tre arrivi in salita ( Loreto, Campo dei Fiori, Bondone) e una tappa a cronometro
ancora in salita (Boscochiesanova). I forestieri si sarebbero rifiutati di
venirci: Ebbene ciò è stato fatto per questo 40° Giro d’Italia, invitandovi un
Gaul. I nostri sportivi avrebbero mugugnato se pur avendo due assi, ma divisi
in squadre di opposti interessi industriali, la formula del Giro avesse
assicurato la compattezza dei forestieri, bloccandoli in forti squadre nazionali
al comando di un loro asso.(Potevano capire solo che Coppi e Bartali andassero
al Tour, ma insieme, in una squadra nazionale anch’essi). Ebbene ciò che fu fatto
al Giro D’Italia per Bartali o Coppi è stato fatto a favore di un Bobet, che è
potuto venire in Italia al comando di una forte nazionale francese contro
nostri capisquadra di squadre industriali e commerciali, i quali nostri
capisquadra non erano per certo dei Coppi e dei Bartali.
Trascuriamo pure gli altri
vantaggi offerti ai forestieri (i milioni sicuri con i traguardi volanti ed il
trofeo della pista ai Vansteenbergen e ai Poblet); ma non vi è chi non veda
quali prospettive di vittoria finale
erano offerte ad uno scalatore eccezionale come Gaul con quattro arrivi
in salita ( per non tacere quelli secondari, come Saint Vincent subito dopo il
Montjovet o Terni subito dopo la Somma), e un tappone dolomitico! Non vi è chi
non veda quali prospettive di vittoria finale
fossero offerte ad un campione completo come Bobet in una squadra con i Gemininiani, i Rolland,
i Barbottin, i Le Ber, in confronto ai nostri modesti campioncini dalle modeste
squadre rivaleggianti fra loro.
Ebbene un Nencini è finito
davanti ai due assi stranieri tanto tutelati dalla scelta del percorso e dalla
formula ed un altro italiano, l’esordiente Baldini, si è inserito fra loro al
terzo posto. Dobbiamo dire che stato un giro sbagliato in partenza ma molto ben
riuscito all’arrivo.
Non inganni il particolare, rilevato dai pedanti, che Nencini abbia riportato la vittoria nel Giro senza vincere
una tappa. A parte che Van Steenbergen per esempio, di tappe ne ha vinte cinque
ma è finito 33° a più di un ora da Nencini, non era questo Giro che si potesse
vincere con una qualche impresa eccezionale, arrivando primo in qualche tappa.
Dicemmo alla vigilia del Giro che l’avrebbe vinto non uno
scalatore (come sostenevano coloro che lo chiamavano “Giro per gli
arrampicatori”), ma un corridore completo, capace di essere coi primi tanto
nella corsa a cronometro in pianura come sul Bondone, tanto nelle tappe piane
come nel tappone dolomitico. Ma quando vedemmo il Giro impostato sui 45 all’ora
e mantenuto sulla media-primato, aggiungemmo che l’avrebbe vinto uno che non
fosse soltanto un corridore completo, ma anche regolare, continuo, resistentissimo; cioè
forte dall’inizio alla fine.
In un Giro così chi avesse
cercato di eccellere troppo e anzi tempo avrebbe corso il rischio di strafare e
cedere. Fu per questo che cominciammo a considerare Nencini, quando lo vedemmo
tallonare costantemente i due grandi favoriti stranieri e, ad un certo punto,
inserirsi fra i due.
Fu appunto per strafare, per
troppa ambizione che Bobet volle presto la maglia rosa e, anziché esporre un Geminiani o un Rolland, si espose
lui stesso pericolosamente. Fu appunto per cogliere le vittorie e la maglia
rosa anzitempo che Gaul si espose troppo, svegliando l’irritazione dei
francesi.
La virtù di Nencini
consistette nella modestia di sapersi accontentare, di saper attendere. Altri
che avevano cercato troppo presto l’ambizioso successo parziale finirono
stroncati. I tentativi di Defilippis coronati alfine dal successo in rosa
servirono più agli altri italiani, a cominciare da Nencini (rivelando che glia
assi forestieri erano attaccabili e battibili) che a Defilippis stesso. Ebbe
sì, la soddisfazione delle quattro tappe in maglia rosa, ma la pagò
carissimamente. E cosi la pagarono Bobet che in tre riprese la ebbe per complessive nove volte e Gaul che la
tenne due.
Nencini la prese per ultimo
e la portò a Milano.
Fu soprattutto un capolavoro
di calcolo, di sangue freddo, di pazienza. Oltre tutto egli era partito
handicap perdendo più di due minuti nella prima tappa su Bobet. Si difese
benissimo alla seconda, su
Boscochiesanuova, rosicchio il vantaggio del francese nella tappa di
Cattolica, glielo tolse del tutto e lo sopravanzò a Campo dei Fiori. Poi
resistette.
Si era inserito in
classifica fra i due; era il terzo che poteva godere fra due grossi litiganti
Infatti, in testa era passato, con l’impresa di Campo dei Fiori, Gaul. Era
facile pensare che Bobet e i suoi lo avrebbero ora attaccato (dopo aver atteso
tanto!)ed i, primo erede non sarebbe stato Bobet, in caso di offensiva
riuscita, ma proprio Nencini che era al secondo posto in classifica, Campo dei
Fiori.
E successe che dopo gli
sbagli di tattica di Bobet e dei suoi, venne quello colossale di Gaul al
chilometro n° 100 della Como-Bondone. Ereditava Nencini la maglia rosa e
potevano credere i francesi di regolare anche lui, indirizzandogli l’attacco ad
personam .Il terreno della tappa successiva a quella del Bondone si presentava a fagiolo: era quella con le
quattro salitone dolomitiche. I francesi lo attaccarono in quattro -
Bobet,Geminiani-Barbottin e Rolland – e fin dalla prima, caso insolito da noi,
il risultato fu che fecero il vuoto attorno a loro, ma Nencini, stringendo i
denti, era rimasto con loro. Fu sul San Lugano che vinse meritando di vincerlo,
il 40° Giro d’Italia. Nelle successive, mentre Nencini consigliava alla prudenza
i francesi passando primo sul Rolle, un francese scompariva mentre un altro
italiano rientrava: Baldini. Era un’altra situazione, un peso morto che i
francesi non potevano vivificare fino a farne un alleato. Cosi quando Nencini forò, Baldini rifiutò la proposta dei
francesi di aiutarli ad attaccare l’italiano ritardato (pure se gli offrivano
la tappa) mentre Gaul, di dietro, aiutava
invece Nencini, sia perché aveva l’interesse comune di non perdere tempo, sia
perché aveva il dente avvelenato con chi l’aveva attaccato in modo lecito, si,
ma non certo elegante. La rivalità dei due assi stranieri giocò a favore del
saggio Nencini; fu il terzo a godere e ripagò Gaul aiutandolo a vincere la
tappa.
Ha corso molto bene, Nencini, e
ha tenuto duro fino alla fine .Non sempre gli uomini della sua squadra gli
servirono, ma alcuni gli furono fedeli e preziosi aiutanti. Ebbe in Belloni un
esperto direttore sportivo, in Magni un energico consigliere, nel sig Marchi un
simpatico principale.
La sua vittoria non fa una grinza. Non è quella di un
fuoriclasse, ma di un corridore completo, regolare come nessuno altro e quanto
mai in credito d’un po’ di fortuna: Era stato secondo da dilettante in due
campionati del mondo; aveva perso quasi sul traguardo, per foratura, un Giro
d’Italia dietro a Magni e Coppi coalizzati: la sua ora doveva pur venire.
E’
venuta merita tutti gli applausi E il pubblico milanese non glieli ha lesinati.
"Tuttosport, quotidiano sportivo" n° 160, Torino, lunedì 10 giugno, 1957
Hanno commentato
“E’ avvenuto il cambio
della guardia tra la generazione abituata a servire un grande campione e a
soggiacere alla sua volontà, e quella che non essendo bacata da astruserie
tattiche e da compiti servili ha inteso la corsa nel senso più bello e puro
rimontando infine il gravissimo handicap di avere per avversari i più forti
corridori del mondo”.
Luigi Chierici
::
“Ha vinto Nencini. Unisco di cuore il mio evviva agli evviva
di tutti gli sportivi italiani per una affermazione, una splendida affermazione
che conforta ed illumina d’una luce quasi improvvisa il nostro domani.
La vittoria di un Giro
d’Italia non è una vittoria di quelle che possano illudere, non è una vittoria
d’artificio, strappata al destino; in un Giro d’Italia come quello che si è
concluso ieri è il prodotto del valore, della forza, del temperamento, in una
parola della classe. Nencini non è più un giovanissimo, non è di certo una
scoperta, è un corridore ormai molto esperto che anche in una corsa difficile
quale il Giro non aveva molte cose da imparare: doveva solo applicare le
cognizioni apprese, sviluppare forza e intelligenza con discernimento giorno
per giorno, chilometro per chilometro. E’ quello che ha fatto: è stato
bravissimo”.
Fausto Coppi
::
Dal taccuino del giro “Calcio e Ciclismo illustrato” Milano 13 Giugno 1957 di Rizzieri Grandi:
Il
giro è finito. E per Vincenzo Torriani sono tutti gli elogi. Però sabato il
cuore di Torriani ha tremato quando per
10 chilometri i corridori hanno corso su una specie di strada carraia “ Se
Nencini dovesse forare mi fanno a pezzi!” E per non soffrire Torriani è andato
dieci chilometri avanti. E finalmente, sentendo annunciare che il gruppo era
compatto,ha respirato. Ma su quella strada ha corso un brutto rischio.
Però
avete fatto caso che in questo giro senza Coppi e senza Magni tutto è andato
benissimo? E che via gli assi del passato finalmente cominciano a farsi luce
quelli nuovi, che prima non avrebbero potuto muoversi? Se non ci avete fatto
caso pensateci.
“E’
il più bel giro che ho visto in cinquant’anni”ha detto l’avv. Giuseppe
Ambrosini parlando al levar delle mense ad un pranzo a Villa Olmo. Ed è cosi.
Perché si corre sul serio,perché non c’è nessuno che minaccia di far fare la
fine ai tipi come De Santi e Grosso,perché non c’è nessuno che li butta nei fossi,
come capitò sul Bernina al piccolo
Gianneschi. Bè il sole sorge sempre dopo il tramonto.... degli
dei
“
Nel Link sotto riportato, Gastone Nencini intervistato per la Rai da Fiorenzo Magni al termine del vittorioso Giro d'Italia del 1957.
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