MAGNI, COPPI NENCINI, CENTO METRI PRIMA DELLA FORATURA
MAGNI, COPPI, NENCINI,
cento metri dalla prima foratura di Gastone Nencini
cento metri dalla prima foratura di Gastone Nencini
(Giro d'Italia 1955)
| Elisabetta Nencini |
È sorprendente quanto le esperienze vissute intensamente, in relazione a persone, luoghi e fatti, indelebilmente si fissino nella nostra memoria, tanto da divenire parte integrante del nostro percorso di vita. Momenti indimenticabili, sensazioni ed emozioni che vorremmo prolungare nel tempo, per l’ebbrezza emotiva generata dall’esperienza vissuta, al ricordo dei quali, immediatamente, si riaccende il sentimento provato.
Un ardore, che
talvolta non possiamo solo conservare nei meandri della memoria, ma che pretendiamo
sia percepibile a noi e agli altri, in ogni istante della vita, come un bene
prezioso da cui attingere per raccontare. È l’immagine fotografica, l’istantanea,
che blocca e cattura l’attimo fugace dell’impulso emotivo da non perdere: la condizione
essenziale è tenerla stretta, custodirla e portarla con noi in ogni momento
della giornata, come ha fatto il padre del signor Walter Pettinati.
Egli, per oltre
cinquant’anni, ha conservato nel suo portafogli una piccola fotografia scattata
dall’interno di una delle autovetture al seguito della ventesima e penultima
tappa del Giro d’Italia del 1955, la Trento-San Pellegrino, di cui Gastone
Nencini, Fausto Coppi e Fiorenzo Magni furono i protagonisti assoluti, in una
giornata da tregenda. E’ una immagine storica, come documenta l’appunto scrupoloso
scritto sul retro della fotografia, il quale descrive l’attimo prima che la
sventura si abbattesse sul giovane Nencini, fino a quel momento incontrastata maglia rosa. Un Giro d’Italia che, per
l’avvicendarsi degli eventi, procurò negli appassionati del ciclismo emozioni
forti e contrastanti al contempo, vive ancora oggi nella memoria collettiva.
Non saprei dirvi per
quale dei tre campioni tifasse il proprietario di questa fotografia consunta
dal tempo, ma è significativo ed emozionante sapere che, per oltre
cinquant’anni, è stata gelosamente
conservata nel suo portafogli, quasi fosse un cimelio che
lo accompagnasse nella vita, come un nobile e familiare ricordo da tenere
vicino al cuore.
Questo è il ciclismo,
generatore geloso di significati emotivi, di sensazioni e passioni che vivono nella
memoria: il ricordo condiviso si fa storia,
quella stessa storia che, per le sue caratteristiche e per le eccellenze che ne
sono scaturite, ha costruito e continua ad accrescere il nostro immenso
patrimonio culturale. Qui si fonda il valore, il talento, la passione e la
generosità, caratteristiche, tutte, che ci contraddistinguono nel panorama
mondiale, che reiterano la memoria di gesta storiche, che non abbandonano la
passione, ma altresì ne rimpinguano l’impulso innato: lo sport come anello di congiunzione tra generazioni, tra
passato e presente, come benevolo collante dell’eterno entusiasmo.Firenze, 9 ottobre 2017
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