NEL NOME DI GASTONE LA STIMA PER NENCINI






| NEL NOME DI GASTONE LA STIMA PER NENCINI |





Mancavano pochi minuti all’inizio della cerimonia inaugurale del Museo della Memoria e della cappellina di Gino Bartali, nella città di Assisi, in occasione della partenza dell'undicesima tappa del Giro d'Italia, Assisi > Osimo, quando un giovane signore mi si è avvicinato presentandosi: 

-          “Piacere Gastone Gismondi”;

-           “Nome di carattere”, rispondo.

Il Signor Gismondi, sorpreso per la mia risposta, abituato probabilmente a battute sarcastiche per il nome desueto, replica:

-         “È un nome singolare, da bambino ero solito protestare con mio padre per avermi dato un nome così impegnativo”;

-       “Ripeto, è un nome che mi piace, così si chiamava mio padre, Gastone Nencini.  Mi presento,  Elisabetta Nencini”.

Alla mia stretta di mano, il volto del signor Gismondi si è illuminato e, sorridendo, ha iniziato il suo racconto:


  - “Vivo a Montegranaro nelle Marche e sono il nipote di Michele Gismondi, medaglia d'argento ai mondiali di Zandvoort del 1959, ultimo fedele compagno di squadra di Fausto Coppi. Quando sono nato, in famiglia hanno voluto battezzarmi con il nome di un campione che stimavano, Gastone Nencini. E’ in onore a suo padre che mi chiamo Gastone”.

A quel punto, ad illuminarsi di emozione è stato il mio volto. L’immagine di mio padre si è palesata nel suo dolce sorriso. Una figura imponente, apparentemente severa per il suo sguardo intenso, specchio della sua grande personalità. Il suo charme innato, era l’espressione di forza, coraggio, passione e sentimento: qualità queste che, assieme alla lealtà e alla coerenza, mio padre dimostrò di avere sempre, come uomo e come atleta, trasmettendo a chiunque lo incontrasse un’energia positiva che non lasciava indifferenti: le persone non potevano che provare nei suoi confronti un sentimento di stima e rimanere affascinate dalla sua indole.

Amato dal pubblico sportivo internazionale, seppe conquistare la stima e il rispetto del gruppo e dei suoi diretti avversari. Quando decise di lasciare il mondo professionistico delle corse, lo fece in silenzio, in privato, e non per mezzo stampa con un comunicato altisonante, come di consuetudine i campioni fanno. La sua irrevocabile decisione la manifestò in corsa ai fraterni compagni di  tante fatiche condivise.

Era il 6 maggio del 1965, si stava percorrendo la seconda semitappa del Tour de Romandie, Martigny > Montana, quando, a circa metà del percorso, prima dell’impegnativa salita, Gastone Nencini  si slacciò i cinturini dei puntapiedi e salutò il gruppo. I campioni presenti quel giorno, pensando ad uno scherzo, inizialmente non lo presero sul serio, ma, successivamente, quando capirono che le sue intenzioni erano serie, si bloccarono e ordinarono ai loro gregari di fermare la corsa. Quel giorno, chi stava nelle retrovie del gruppo, pensò ad una delle tante manifestazioni di protesta indetta da lavoratori in sciopero, che, approfittando della visibilità internazionale dell’evento, bloccavano la strada; altri immaginarono un incidente, ma, poi, con un tam tam più serrato e veloce delle pedalate dei ciclisti, la notizia si sparse velocemente tra i presenti: “Gastone Nencini abbandona le corse!”.  I suoi antagonisti di sempre, sgomenti, cercarono di persuaderlo a rimontare in sella, minacciando di non far ripartire la gara. Non accettavano che il loro rivale si ritirasse per sempre. Non volevano perdere il loro degno avversario.


Ecco cos’è la stima, un sentimento profondo, gentile, che si alimenta di gesti semplici, talvolta inaspettati, come riconoscere negli altri il meritato valore, come dare il nome di un campione al proprio figlio.







Elisabetta Nencini, Firenze, 24 maggio, 2018








Gastone Gismondi, Elisabetta Nencini


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