GASTONE NENCINI IL GIGANTE BUONO

 

 

 


 

 

GASTONE NENCINI IL GIGANTE BUONO

ricordi di un bambino

 

 

Ho chiuso gli occhi e ho lasciato che il mio interlocutore telefonico mi trasportasse, con il suo racconto, a vivere la sua emozione di bambino, quando incontrava mio padre, che chiamava il “gigante buono”. 

Sandro, il nome dell’uomo che si racconta, abitava in Via Ambrogio Traversari al numero civico 42, nello stesso palazzo, dove, dal Mugello, mio padre, si era trasferito a Firenze, di là d’Arno, nella zona di Gavinana, e precisamente, come specificava Vasco Pratolini nei suoi resoconti di tappa al Giro d'Italia del 1955, redatti per Il Nuovo Corriere, dalla parte di Ricorboli sulla strada del Bandino, da cui l'omonimo racconto "Lo spettatore di Ricorboli" pubblicato il 24 maggio del '55.

A mio padre i bambini piacevano molto, avrebbe voluto averne di suoi, ma ancora doveva incontrare, e non mancava molto, la donna che sarebbe diventata la madre dei suoi quattro figli. 

All’epoca, era già un corridore affermato. Quando tornava dalle corse o dagli allenamenti, nugoli di ragazzini lo aspettavano sotto casa, perché sapevano che mai si sarebbe sottratto a soddisfare le loro innocenti curiosità e, soprattutto, gli avrebbe permesso di toccare la sua bicicletta da corsa, che, all’epoca, per molti giovani era un miraggio, perché il suo prezzo di costo era paragonabile ad uno stipendio medio di un lavoratore. 

E così, nel turbinio della rievocazione, il mio interlocutore prosegue il suo racconto, nitido nel ricordo di una quotidianità vissuta in casa di un campione generoso: questi lo accompagna, insieme ad altri bambini del quartiere, alle giostre o al circo equestre e gli regala una bicicletta da corsa dal seducente colore rosso rubino, quando, ospitato a casa, ad assistere alle lunghe ore di allenamento passate a pedalare sulla cyclette, quella strana bicicletta visibile nella ordinarietà solo sulle riviste patinate, che Nencini utilizzava per allenarsi quando il maltempo non gli permetteva di uscire in strada. Ma il racconto più bello, me lo ha rivelato per ultimo, come il dolce a fine pranzo. Consapevole del ricordo espressivo, mi ha svelato un particolare dei festeggiamenti che i fiorentini tributarono a mio padre, al suo rientro da Parigi dopo la vittoria al Tour de France del ‘60. Mai, prima, mi era capitato di ascoltare questo episodio, un gesto collettivo tanto semplice quanto suggestivo, che oggi siamo abituati a vedere negli stadi per le grandi manifestazioni, ma che nel 1960 fu sicuramente un evento  straordinario: il quartiere di Gavinana era illuminato da migliaia di piccole torce elettriche, che le persone anzi tempo si erano procurate, e dai balconi, dalle finestre, dalle strade, arrampicate sugli alberi, sulle cancellate e ovunque si potesse salire, le muovevano in saluto al loro campione, reduce da una parata degna di un re per il centro cittadino, dove una folla immensa, proveniente da tutta l'Italia, lo acclamava.  


Sandro, dal cognome tipicamente toscano, Checcacci, non sa quanto piacere mi ha fatto il suo racconto di questo piccolo tassello di vita vissuta, che lo accompagna fin da bambino. Non immagina che i suoi ricordi sono così, oggi, anche i miei, che in lui non ho conosciuto il campione, ma - come lui - il gigante buono!

 

Elisabetta Nencini

Firenze, 1 luglio 2021

 

 

 

 

Ripenso a quella casa di via Traversari e rientro in quelle stanze, gioco in cucina buttato per terra, poi sento il rumore delle chiavi che aprono la porta d'ingresso.... mi alzo di scatto, come un gatto, corro nel corridoio giro a sinistra ed è Gastone, faccio un sorriso, ma lui è più pronto di me, il sorriso è già sul suo volto!.

Sandro Checcacci

 
 

Fotografia di Sandro Checcacci

 

 

 

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