GASTONE NENCINI "CELO, CELO, MANCA, CELO"
GASTONE NENCINI
"celo, celo, manca, celo"
di Elisabetta Nencini
Una volta, il metro di misura, per
comprendere quanto popolare fosse un campione di ciclismo, si poteva valutare dalle scritte inneggianti il
suo nome, impresse con pennellate indelebili sui muri e sulle strade
dell’Italia, da nord a sud. Una traccia, quella della vernice, avviluppata nel
ricordo al segno lasciato sulla sabbia dei litorali nostrani dalle biglie di
plastica, al cui interno era posta l’effige dei campioni, in cui ci si identificava
nel gioco fantasmagorico della corsa ciclistica. L’abilità del concorrente nel terminare
il numero prestabilito dei giri, senza mai uscire con la pallina dalle
paraboliche curve disegnate sulla sabbia, corrispondeva, nell’immaginario del
ragazzo, alle doti atletiche del beniamino prescelto, di cui, solitamente, si collezionava
ogni tipo di figurina.
Gastone Nencini è stato tra i corridori
del secondo dopoguerra più popolari e amati: il suo nome appariva visibile in
ogni luogo e in ogni dove, sui muri delle abitazioni, delle case cantoniere, sulle pietre dei fienili come in tanti altri inimmaginabili ambienti. Scritto in stampatello, “NENCINI” traspariva
dall’involucro di plastica della biglia - di cui esistevano due versioni, una
per giocare sull’asfalto e l’altra per competere sulla sabbia - oppure impresso
nelle figurine da collezionare negli appositi album. Il nome del campione,
dunque, veniva segnato a lettere cubitali e altrettanto stampigliato su una
piccola carta, solitamente in cartoncino, dove all’immagine dell’atleta seguiva
una breve biografia e altre informazioni, come statistiche e curiosità. È
questo il periodo delle grandi vittorie, quelle che hanno fatto sognare gli
italiani, il tempo in cui i ciclisti, come eroi omerici, venivano esaltati
dalla stampa per le immani fatiche. È così che nascono i miti, anche attraverso
il gioco delle figurine e delle cartoline. Il campione si faceva garante di
prodotti commerciali, la cui pubblicità veniva efficacemente veicolata mediante
piccole carte da raccolta, dove all’immagine del personaggio pubblico era
associato il nome dell’azienda e il messaggio pubblicitario.
Negli anni ’60, Gastone Nencini è il ciclista
più rinomato, poichè la vittoria al Tour de France gli procurò una
popolarità planetaria. Campione di valore, italiano di successo, fu d’esempio
per i giovani che potevano leggere delle sue imprese nelle pubblicazioni enciclopediche,
nei libri scolastici, nelle riviste dedicate al pubblico di quell’età, così come
nei quaderni di scuola, alla cui copertina, dedicata al campione toscano, corrispondeva
sul retro la storia sportiva.
Tra le tante testimonianze, la figurina è la documentazione che maggiormente è rimasta nell’immaginario di coloro che hanno vissuto l’epoca d’oro del ciclismo. A quel piccolo rettangolo colorato di cartone si legano i ricordi di un tempo passato, sbiadito sulle foto, ma dai colori vividi nella memoria. Immagini di una felicità genuina collegata spesso al ricordo dei genitori, che, nel giorno di festa, la domenica, elargivano qualche spicciolo per comprare le tanto desiderate bustine di figurine. Una ritualità che prevedeva un kit da lavoro: un barattolo di Coccoina - colla bianca in pasta profumata con olio di mandorla, inserita nel tipico barattolino in alluminio corredato di pennello -, un album da collezione e, naturalmente, le figurine da incollare. Ogni senso era appagato: la vista, dal colore dell’immagine stampata, l’olfatto, dall’odore dolce della sostanza adesiva, il tatto, dal gesto trepidante di trovare all’interno della bustina la figurina del campione preferito e, infine, l’udito, dal suono della pagina sfogliata che, riempita dalle figurine, emetteva una vibrazione sinuosa, assai diversa da quella provocata dallo sfogliare una pagina vuota. Una sinfonia di sensazioni che non si concludeva la domenica, ma che proseguiva a scuola, con i doppioni delle figurine da scambiare con i compagni: “celo, celo, manca, celo, manca”[1], era questa la nenia che si sentiva durante la ricreazione o all’uscita di scuola. Questo è ancora oggi il ritornello pronunciato da chi, ormai adulto, si ritrova con i collezionisti di tutta Italia, alla ricerca della sua figurina mancante, e che, grazie agli amanti del vintage, può recuperare per completare l’album dei sogni dal profumo di Coccoina!
Personalmente, ringrazio il Signor Luca Facchini, collezionista di figurine di sport, in particolare di ciclismo e calcio, il quale mi ha dato l’opportunità di ripercorrere a ritroso la storia di mio padre attraverso le immagini destinate al pubblico dei più giovani, di cui, anch’io bambina, ho usufruito, senza che mio padre, Gastone Nencini, mi avesse raccontato che un tempo anche lui aveva avuto il privilegio di appartenere al mondo immaginifico dei bambini. Ne ho potuto scoprire e apprezzare il vero valore da adulta: da piccola, infatti, mi ha insegnato a costruire la pista sulla sabbia, trascinandomi con le gambe a tracciare il percorso, in quella stessa meravigliosa infanzia in cui mi comprava la domenica le figurine che io gli chiedevo, non tanto per collezionarle, ma per giocare e vincere a scartino con i miei compagni di scuola!
Elisabetta Nencini
Firenze, aprile 2021
[1] “celo” è
il termine che sostituisce la forma in italiano colloquiale “io ce l’ho” espressione
che indica possesso e si riferisce a qualcosa già nominato in precedenza per
evitare la ripetizione. Al contrario “manca”, sostituisce l’espressione
colloquiale di non possesso “io non l’ho”.
WIELRIJDER CYCLISME, Fiche, Editions Rencontre S.A. Lausanne, 1978
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