GASTONE NENCINI vittorioso sul traguardo di Pau dopo la corsa che esalta le sue virtù atletiche e morali

 




I distacchi non dicono la verità

di Bruno Raschi


Pau, 16 luglio

 

La montagna invita le corse fino alle sue nevi, perché la verità sia pura, senza macchie, perché i suoi verdetti, pronunciati in alto, sotto il cielo siano i più onesti, assoluti. La folla e i suoi campioni li va dunque ad attendere lassù.

Il tour ha scalato oggi I Pirenei, e sui Pirenei, sul Tourmalet e sull’Aubisque, ha pronunciato forse la sua ultima sentenza. Che Jaques Anquetil ha vinto il Tour. Dice che Nencini in fatto d’eccellenza atletica, di tempra morale, non accetta similitudini, nell’esigua aristocrazia di questa schiera di superstiti. Celebriamolo pure stasera, a parziale rettifica dei precedenti giudizi, come il migliore di tutti. Quello che oggi ha fatto ce lo impone. Oggi per lui parla solo la cronaca. Una cronaca che a certi tratti, prima di tutti il medico, non sarebbe dovuto partire.

Aveva ferite vive ancora aperte; ferite che ieri sera avevano reso necessari una puntura di antitetanica cautelativa. L’iniezione l’aveva stordito, gli aveva dato la febbre, gli aveva fatto trascorrere la notte ad occhi aperti. Notte bianca alla vigilia dei Pirenei: sul soffitto le immagini di un incubo, di un possibile abbandono. Alcuni giornali francesi e belgi erano passati all’albergo degli italiani per un’occhiata di controllo, per uno scrupolo professionale avevano telefonato ai loro giornali che il corridore italiano non sarebbe partito. Era un riguardo usato al personaggio. I giornali erano usciti con la notizia; Nencini, zoppicando, con un gomito imbottito di bende, li aveva presi di contropiede all’ora del via. <<Il n’ira pas loin>> non andrà lontano dissero allora gli inopportuni per rimediare a sé medesimi l’errore. Questa sera hanno ripreso tutti la penna per altri commenti; si scusano verso il pubblico parlando di eroismo. Nencini non solo è arrivato fino a Pau, ma v’è arrivato primo.

Fra lui e Anquetil al traguardo, due minuti e trentotto secondi; ma non credete al significato di questi numeri: è un significato aritmetico; quello sportivo, morale, è ben altro. Le differenze, ad una certa ora, quando la corsa, come oggi, esce dai veicoli della guerriglia e diventa duello diretto, personalissimo, non sono più quelle solite sancite dai numeri, diventano differenze particolari, che fanno capo a cento episodi, cento circostanze, che gli ordini d’arrivo e le classifiche non documentano. Jaques Anquetil, ha indubbiamente bene meritato, ma pure restando primo, è sceso dal piedistallo d’oro che lo reggeva. Ai piedi dell’Aubisque anche <<l’Arcangelo>> s’è visto costretto, per la prima volta in questo Tour, ad obbedire la dura consuetudine che governa le corse non appena queste s’incontrano con le grandi montagne: ognuno per sé e Dio per tutti.

All’improvviso, dopo diciotto giorni di corsa, Anquetil ha volto gli occhi in giro e si è trovato solo. La sua squadra fino ad allora intatta, ricca ed orgogliosa, era scomparsa: di dieci non era rimasto che lui. Altra vista sul Galibier; perché oggi non succedeva lo stesso?

Marcel Bidot non poté più comandare con megafono e con fischi; ripassò la corsa partendo dal fondo, chiamò in vano i suoi soldati, si vide costretto all’estrema manovra cui un direttore sportivo ricorre al momento del pericolo: tolse i tubolari dalla sacca e li distribuì una alla volta, man mano che risaliva, perché ognuno se l’annodasse al collo e si salvasse da solo.

Nove ne diede. Gli restò quello di Walkowiak, perché Walkowiak, rimasto sui pedali alle prime rampe del Tourmalet, aveva soffocato ogni impeto d’orgoglio ed era disceso di bicicletta.

E corse Bidot ad assistere Anquetil, a fargli coraggio con i gesti e con la voce. Neppure Bergaud poteva offrirgli un appoggio: il piccolo corridore, così bravo in altre ascensioni, doveva essersi impaurito alla vista dell’Aubisque, lontano traguardo disperso dentro le nuvole. Già ai piedi della salita Anquetil s’era visto salutare da Dotto e Lorono, aveva visto partire Adriaenssens; era stato raggiunto e superato anche da Nencini, che egli credeva forse aver smarrito definitivamente per strada lungo la salita del Tourmalet.

Nencini ora gli restituiva il saluto: gli passava accanto bendato, con un gomito aperto e l’altro basso, con un’ala spezzata, dunque, e pedalando male. Ma andava lo stesso più forte di lui. Il tricolore cercava con gli occhi la cima ancora lontana procedeva soffrendo: il quarto posto, lo avrebbe eletto il più forte scalatore del Tour, gli avrebbe fruttato mezzo milione di franchi per la cassa di famiglia.

E la folla sulla salita lo salutò quarto a 3’ 18’’ da Dotto che era passato primo davanti a Lorono, e Adriaenssens. Dietro Nencini a 3’ 53’’ dal montanaro Dotto, transitavano Rohrbach e Gay; a 3’59’’ Christian a 4’05’’ Janssens; a 4’37’’ Anquetil. Aspettavamo Defilippis che si era ripreso dalla violenta crisi che lo aveva colto, passò dopo 7’28’’.

Con distacchi assai maggiori transitarono ogni modo personaggi dell’alta classifica, in riposo da giorni: Jean Bobet, Forestier, Picot, Mahè, Van Est, Bauvin, PlanKaert.

Quando passò Defilippis la corsa già imperversava lungo la discesa a precipizio che portava a Eauxbonne. Mancavano ancora sessanta chilometri dal traguardo e il Tour, che sull’Abisque aveva cambiato faccia alla classifica, poteva promettere ancora altri colpi. Praticamente aveva trascorso una mattinata pacifica, scaldando i muscoli sulla salita verde del Tourmalet.

Erano fuggiti Anglade, e Queheille, ed erano stati inseguiti dall’intera squadra dell’Lussenburgo, vale a dire dal portoghese Da Silva e dall’automobile di Franz.

 Ai tre fuggitivi s’erano poi aggiunti Jean Bobet, Cerami e Ferraz e più tardi Padovan e Pipelin. Gli otto avevano unito i destini ed erano passati a Bagnéres de Bigorre, pittoresco traguardo di villeggianti reumatici, con oltre sette minuti di avanzo.

A St. Marie de Campan avevano mosso i primi passi sul Tourmalet. Fu qui che Da Silva, eroe di mezzogiorno, partì di scatto per godersi la grande solitudine. Dal gruppo cominciarono a muoversi il Belga, Adriaenssens, Lorono, Dotto e Bergaud, tutti scalatori per vocazione che sentivano il richiamo della montagna. Anquetil cominciò a difendersi e cominciò a sentirsi solo. Bergaud gli apriva la strada, si, ma senza aiutarlo.

Il primo dei nostri a rispondere è stato Defillipis che era andato addirittura a tentare Anquetil e se l’era tolto ai primi scatti dalla ruota. Poi si era seduto contentandosi della posizione. Nencini pareva più bravo a stare nel mezzo: non uno c’era ad aspettarlo allo scoperto. Sul Tourmalet passò quasi sconosciuto, a 6’26’’ dal fuggitivo Da Silva, quasi due minuti dopo Anquetil. Noi lo vedemmo transitare in fondo alla discesa, a Luz Saint Sauver, in una breve compagnia con Defilippis, keteleer, Rohrbach, Christian e Morales: andavamo tutti ad inseguire Anquetil transitato un minuto prima di loro. Pareva già una bella discesa. Nencini, come abbian detto, pedalava male, a colpi d’anca, si toglieva sovente il berrettino e se lo passava sul volto a togliersi il sudore il sonno. E c’era ancora l’Abisque. Il panorama era solenne, l’atmosfera nitida; eravamo presso Lourdes, tirava vento di miracolo.

E fu l’attacco del Col de Soulor scolta verde dell’Abisque, che assistemmo increduli alla prima apparizione. Nencini aveva raggiunto Anquetil e lo aveva passato sfiorandolo; saliva da solo verso il Colle che s’ergeva sui fianchi aridi e scoscesi come muraglie per una strada stretta senza paracarri. Sull’Aubisque l’aspettava il primo guiderdone al valore e all’ardimento: il gran Premio della Montagna. E fu suo.

Il resto, insperabile ancora, al traguardo. Nencini passò a Laruns in fondo al Colle in compagnia Gay, Adriaenssens e di Janssens; quest’ultimo lungo la discesa aveva spaventato la gente abbandonando Anquetil che era con lui, con imperdonabili acrobazie. Dinanzi a Nencini non c’erano più che Dotto e Lorono, due facili prede.

Assistemmo al passaggio del piccolo treno contando i secondi: dopo appena quaranta tocchi di sfera passò Anquetil, con da Silva, Christian, e il nostro Padovan. Defilippis purtroppo era in ritardo; non c’erano altri da attendere. E ci mettemmo allora in colonna verso Pau. Fu su la strada di Pau che credemmo di vedere Anquetil alla deriva: si mise in coda, non tirò più un metro, patteggiò, forse con Da Silva che ad un certo punto gli allungò più di una spinta. Il traguardo, per sua fortuna, era troppo vicino: la maglia gialla gli tremava sulle sue spalle aguzze, ma restava sua. E fu giusto così. Come fu giusto che dinanzi ad un mondo incredulo e sbigottito, Gastone Nencini battesse tutti per cogliere la più meravigliosa ed esaltante delle sue vittorie.

Bruno Raschi, TUTTO SPORT, mercoledì 17 luglio 1957
 
 
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DIETRO LE STRISCE DEL TRAGUARDO

NENCINI: <<Quando ho raggiunto Anquetil l'euforia m'ha fatto dimenticare il dolore>> 
di Ruggero Radice


Pau, 16 luglio 
 
Prima ancora che Nencini sfrecci vittorioso sul traguardo di Pau, già si avverte tutto il clima favorevole al nostro valoroso corridore che, partito stamani da Saint Gaudens pesto e dolorante, con il suo comportamento sul Tourmalet e soprattutto sull'Aubisque, ha oggi commosso tutti quanti. Ex corridori che seguono il Tour, giornalisti forestieri e dirigenti sono concordi nel sottolineare la spettacolosa e stoica corsa del toscano e concludono che nessuno più di lui meriterebbe la tappa.
La vince davvero Nencini; e nello slancio della volata viene a fermarsi proprio a nostro fianco. 
    - Che corsa, ragazzi - dice Gastone dopo essere sceso con molta prudenza dalla bicicletta, segno che accusa ancora dolore all'anca destra - ieri a quest'ora ero pieno di timori di dovermi ritirare mentre adesso...
- hai ottenuto sicuramente una delle più meritate vittorie. Chi sà quanto hai sofferto?
    - Si, purtroppo la ferita al braccio mi ha fatto vedere le stelle - garantisce il toscano- e per quasi cento chilometri mi sono chiesto se avrei potuto proseguire.
-Poi il braccio si è scaldato immagino.
    - Precisamente. Ma sul Tourmalet non ho voluto forzare. Ho lasciato che tutti si sbizzarissero: desideravo salire senza scosse. In discesa poi ho nuovamente sofferto perchè non potevo stendere il braccio ferito, che, tra l'altro, oltre a farmi male, sanguinava nonostante l'enorme fasciatura praticatami prima della partenza.
- E sull'Aubisque?
    - Sull'Aubisque avevo da tempo fissato il mio punto di attacco. lo attendevo da tre settimane questo punto; e ho tentato di essere fedele all'appuntamento. lì mi ero prefissato di attaccare e ho attaccato. non sapevo come sarebbero andate a finire le cose, ma certo in quel momento non pensavo al dolore. Così ho raggiunto Anquetil; e quando ho visto la maglia gialla davanti a me, dopo che sul Tourmalet l'avevo persa di vista, mi sono sentito un altro. Sono passato in testa, e poichè la salita si faceva più dura, me ne sono andato. Il resto è stato abbastanza facile.
-Facile?
    - Si, perchè nell'euforia, non avvertivo più né il dolore al braccio né quello all'anca.. In discesa con Janssens, Adriaenssens e Gay, che tiravano in pieno come me, ho raggiunto Lorono e Dotto. Mancavano venti chilometri all'arrivo e a questo punto ho cominciato a pensare che questa tappa l'avrei potuta vincerla. Stavo bene, al dolore non pensavo affatto, all'iniezione antitetanica  che mi è stata fatta  ieri sera meno che mai; ed ho vinto.
- é stata una bella volata.
    -Una volata lunga. E' scattato Janssens, ma l'ho raggiunto, sono partito da lontano e ho vinto. Devo aver compiuto un bel balzo in classifica.
- Lo sai Gastone, che hai vinto anche il GPM della Montagna?
-Veramente poco fa mi hanno detto che ero a pari punti con Bergaud.
- No, il collega francese Jacques Marchand, dell'Equipe, mi ha informato or ora di aver effettuato un pò più esatto conteggio. Bergaud non ha 44 punti, come fino ad ora gli erano stati accreditati, ma uno in meno, 43. Perciò tu, che hai realizzato davvero 44 punti, sei il vincitore assoluto del GPM della Montagna.
    - Bel colpo, davvero!
Tutto quanto abbiamo raccontato, Nencini ce lo ha detto... a rate, giacchè ogni tanto veniva qualche collega per invitarlo a parlare al microfono.
Dapprima egli ha parlato alla radio italiana, poi Jean Leulliot gli ha portato il microfono di Radio Montecarlo, e infine Jacques Forestier e Fernand Choisel lo hanno intervistato per Radio Europa n. 1 Nencini ha risposto a tutti, con calma.
Era fresco, molto fresco, e mentre stava andandosene dopo aver concluso un applautissimo giro d'onore del circuito, Anquetil gli si è avvicinato e, tendendogli la destra, lo ha vivamente felicitatao.
- Sei stato veramente forte, Nansinì - gli ha detto- hai veramente meritato di vincere. Complimenti.
Cavalleresco, Anquetil.
Già Anquetil. Il giovane normanno risponde volentieri alle nostre domande:
- Non camminavo come avrei voluto, ecco la verità-; confesso che tuttavia ho cercato di rispondere all'attacco di Nencini. Ho cercato, ce l'ho messa tutta, ma invano: Nencini sembrava volare.
-Hai tenuto la tua maglia gialla?
- Bè, confesso che a un certo punto, sull'Aubisque, quando ho constato che, anzichè guadagnare terreno, ne perdevo, mi sono chiesto fin dove sarei finito. Invece, la discesa mi ha ridato fiato; e sul piano mi sono impegnato a fondo. E' stata dura, molto dura, però; tuttavia ci sono riuscito, anche se sono arrivato molto stanco [...].
 
Padovan è raggiante. Sembra abbia vinto lui la tappa. Si avvicina a Nencini, lo abbraccia. 
- Bravo- gli urla; e poi accompagna i suoi complimenti con una frase tutta veneta -; sai che Anquetil è cotto?
E' cotto insiste Padovan - te lo dico io, se non era per Christian e Da Silva che hanno tirato come matti, avrebbe perso chi sa quanti minuti. Io ero lì, naturalmente, e non tiravo. Ad un certo punto sono venuto alle mani con il portoghese.
    -Perchè mai?
- Perchè aveva spinto Anquetil.
    - Spinto Anquetil? lo aveva spinto a lungo?
-No, non a lungo, gli ha dato una spinta sola; ma ciò mi è bastato per intervenire energicamente e protestare. Oh bella, c'era Nencini in fuga e io dovevo lasciar correre una cosa simile?
   Davvero Padovan nel gruppetto di Anquetil, ha...marcato gli avversari.
 
Arriva Defilippis. E' pallidissimo. Ha preso una <<bambola>>, evidentemente e passandoci vicino, mentre lascia il circuito, ci dice in un filo di voce:
    La regola è confermata: quando cammino forte un giorno, quello successivo non giro. Ieri ho vinto e oggi non poteva non finire così.
 
Rientriamo in città alla svelta. Su un tratto in salita vediamo Anquetil e Nencini, affiancati. Il normanno ha la mano destra sulla spalla di Nencini. Forse lo felicita ancora. Poi arriva un agente su un ciclomotore. L'occasione è troppo bella per...evitare la fatica della salita: Anquetil prende la palla al balzo e, voltandosi verso Nencini  quasi a chiedergli scusa, mette la mano sulla spalla dell'agente e, a ruota libera, compie il resto della salita.
Ci affianchiamo a Nencini che, viceversa, arranca per superare il breve strappo.
- Gastone, Anquetil ti ha staccato!- gli diciamo scherzosamente.
    -Si- risponde Gastone con un gran sorriso, divertito.
    - Molto meglio che mi abbia staccato qui e che io viceversa, lo abbia lasciato sull'Abisque.

Ruggero Radice, TUTTO SPORT, mercoledì 17 luglio 1957
 
 
 
ORDINE DI ARRIVO
 
1°GASTONE NENCINI, che compie i km 207 in ore 6, 37'36'' 
2° Gay
3° Janssens
4° Lorono 
5° Dotto
6° Adrianssens 
7° Anglade
8° Padovan
9°Anquetil
10° Christian



STAMPA

FORMIDABILE NENCINI A PAU- nella più dura tappa Pirenaica un solo protagonista, Gazzetta dello Sport, mercoledì 17 luglio 1957 

IL COMMOVENTE STOICISMO DI NENCINI NELLA PIù DURA TAPPA PIRENAICA -UN IMPRESA CHE VALE IL TOUR, Sport Illustrato, Luglio 1957 
 
NENCINI più forte del male e degli avversari- Nell'ultima tappa Pirenaica vinta malgrado le ferite. L'Unità, mercoledì 17 luglio 1957



 

 

 


Gastone Nencini dolorante affiancato dalla moto della stampa sulla quale è riconoscibile l'inviato RAI Sergio Zavoli



 Gastone Nencini, soccorso dal medico del Tour dopo l'arrivo  a Saint -Gaudens

 
 



 


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